Sono tornati a splendere dopo il restauro i mosaici trecenteschi del Battistero di Firenze, anche grazie alla ricerca del Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate (DISA) dell’Università degli Studi di Bergamo. Il team di ricercatori del DISA UniBg guidato dal Prof. Luigi Coppola ha collaborato con l’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze per le indagini diagnostiche, conducendo una campagna di analisi sullo stato di degrado dei mosaici e sulla tipologia di intervento di ripristino da adottare.
’Opera di Santa Maria del Fiore, che gestisce il complesso monumentale comprendente oltre al Battistero, il Duomo, la Cupola del Brunelleschi, il Campanile di Giotto e il Museo, ha così deciso di proseguire nel restauro iniziato nel 2017 investendo oltre un milione e mezzo di euro nonostante il crollo del turismo a causa dell’emergenza sanitaria e quindi alla quasi totale mancanza di introiti nell’ultimo anno. Per di più, il restauro delle pareti interne di marmo bianco, verde di Prato e mosaici, iniziato dopo aver terminato quello delle facciate esterne e del marmo di copertura, si è rilevato molto complesso e ha interessato l’architettura, la struttura e la decorazione a mosaico
Tra le scoperte emerse durante il restauro, una su tutte ha sorpreso gli studiosi e i responsabili del lavoro. Fra il primo e il secondo decennio del Trecento, terminata la colossale impresa dei mosaici della cupola del Battistero, si volle estenderli anche alle zone parietali dove in origine non erano previsti. Si trattava dunque di trovare una soluzione che permettesse di sovrapporre i mosaici al rivestimento marmoreo e ovviare ai problemi di staticità del monumento costruito di fatto su una falda acquifera. Furono per questo impiegate delle tavelle in terracotta su misura, scalfite e fissate al marmo delle pareti con perni centrali di ferro ribattuti e saldati a piombo.