I decreti attuativi che avrebbero dovuto portare all’attuazione dell’ammodernamento del codice degli appalti per adesso restano sulla carta. Motivo per il quale, inevitabilmente, il malumore degli operatori economici di settore è nuovamente in ascesa.
Il codice degli appalti, è bene ricordarlo, è stato radicalmente rivisto tre volte negli ultimi tre anni. I pilastri volti a produrre stabilità nel quadro normativo ordinario mancano però ancora all’appello: conseguenza diretta è la mancata modernizzazione del settore. I punti chiave sono il regolamento unico (che già dal 2019 avrebbe dovuto sostituire le linee guida dell’Anac), un sistema di qualificazione volto a superare le oltre 4.000 stazioni appaltanti attualmente presenti in Italia e la digitalizzazione delle procedure oltre che l’interoperabilità delle banche dati e la semplificazione delle procedure ordinarie. Nel 2016 erano stati previsti 62 provvedimenti attuativi, dei quali solo la metà ha visto la luce. I restanti sono stati congelati. Come se non bastasse, in tre anni e mezzo sul codice si sono abbattute 547 modifiche con 28 nuovi provvedimenti normativi. In un contesto come questo, normale che le infrastrutture stentino a decollare e gli appelli da parte degli operatori si sprechino.