venerdì, Aprile 19, 2024

DECRETO RISTORI – L’ANCE chiede più attenzione alle esigenze delle imprese

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Si è svolta il 5 novembre c.m.  l’audizione informale, in video cconferenza, dell’Ance presso le Commissioni riunite Bilancio e Finanze del Senato nell’ambito dell’esame, in prima lettura, in sede referente, del disegno di legge di conversione del DL 137/2020 recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (DDL 1994/S).

Il Direttore Generale, Dott. Massimiliano Musmeci ha evidenziato, in premessa, come con specifico riferimento alle disposizioni in materia di lavoro, continuino a prevalere le misure “assistenziali” su quelle strutturali che peraltro, non risultano essere migliorative rispetto ai primi segnali di attenzione verso le esigenze delle imprese, manifestati con il precedente DL agosto.

In particolare, ha evidenziato che il Decreto Ristori prevede la possibilità, per i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza COVID 19, di richiedere trattamenti di cassa integrazione per una durata massima di 6 settimane nel periodo compreso tra il 16.11.20 e il 31.01.21, pertanto eventuali periodi di cassa precedentemente richiesti e autorizzati, che si collochino, anche in parte, in periodi successivi al 15.11.20, sono imputati alle 6 settimane di cui sopra. La disposizione si applica ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il secondo periodo di 9 settimane (delle 18 complessive) disciplinate dal Decreto Agosto, decorso il periodo autorizzato, nonché ai datori di lavoro appartenenti a settori interessati dalle chiusure e limitazioni introdotte dal DPCM 24.10.20.

Dal combinato disposto delle predette disposizioni, l’accesso alla c.d. Cassa Covid sembrerebbe escluso per le imprese che non abbiano ancora fruito della Cassa Covid prevista dal citato Decreto Agosto o che abbiano fruito o stiano fruendo soltanto del primo periodo di 9 settimane.

Tale esclusione, se confermata, risulterebbe ingiustificata, dal momento che, con l’aggravarsi della situazione epidemiologica generale e a fronte della proroga del divieto di licenziamento fino al 31.01.20, anche queste imprese potrebbero trovarsi nella necessità di fare ricorso alla Cassa Covid (ancorché nel limite massimo di 6 settimane) nel periodo dal 16.11.20 al 31.01.20, indipendentemente dal fatto di averla utilizzata in precedenza.

Il Direttore ha, pertanto, auspicato una riformulazione delle disposizioni da cui emerga chiaramente che nel periodo dal 16.11.20 al 31.01.21 possano fare ricorso alla Cassa Covid (ancorché nel limite massimo di 6 settimane) anche i datori di lavoro, appartenenti a settori non interessati dalle chiusure e limitazioni del DPCM 24.10.20, indipendentemente dal fatto di avere o non utilizzato in precedenza quella prevista dal Decreto Agosto.

Ha, altresì, rilevato la necessità di abrogare, anche per i settori non interessati dal DPCM 24.10.20 e indipendentemente dal dato relativo al fatturato, l’obbligo di versamento del contributo addizionale nel caso di fruizione della Cassa Covid (incluse le suddette 6 settimane), anche in considerazione della proroga al 31.01.21 del divieto di licenziamento.

L’imposizione di tale contributo addizionale, peraltro, risulta particolarmente iniqua per le imprese del nostro settore, che già versano mensilmente un contributo ordinario più alto degli altri settori per il finanziamento della cassa integrazione.

Inoltre, ha evidenziato l’opportunità di precisare che i lavoratori destinatari della Cassa Covid prevista dal Decreto Ristori devono risultare alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 16.11.21 (analogamente a quanto già fatto per il Decreto Agosto, ancorché in via amministrativa dall’INPS, con riferimento alla data del 13.07.20). Altrimenti, il rinvio generale operato dal Decreto in esame alla regolamentazione della Cassa Covid contenuta nel Decreto Cura Italia limiterebbe ingiustificatamente la platea dei beneficiari ai lavoratori presenti nell’organico aziendale alla data del 25.03.20.

Qualora, poi, dovessero essere introdotti appositi provvedimenti delle autorità amministrative locali che, in presenza di focolai di particolare gravità, vietino per un determinato periodo l’ingresso e/o l’uscita dal territorio del Comune interessato, anche per motivi di lavoro, ha proposto di introdurre una specifica causale di accesso alla cassa integrazione (diversa dalla Cassa Covid di cui sopra, che fa riferimento alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa del datore di lavoro). Questo in analogia con quanto previsto dal Decreto Agosto (art. 19), la cui applicazione era tuttavia circoscritta sia dal punto di vista territoriale (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) che temporale (eventi verificatisi nel periodo compreso tra il 23.02.20 e il 30.04.20, per una durata massima di 4 settimane).

Con riferimento alla disposizione del testo sul divieto di licenziamento per i datori di lavoro, fino al 31 gennaio 2021, ha rilevato che, rispetto a quanto previsto dall’art. 14 del D.L. 104/2020, la stessa è formulata in termini generali e non è più condizionata alla mancata integrale fruizione dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica, ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali.

Considerato che le suddette preclusioni e sospensioni non si applicano in alcune specifiche ipotesi, espressamente indicate, ha evidenziato la necessità di  estendere tale esclusione anche alle interruzioni dei rapporti di lavoro legate alla chiusura del cantiere nel settore delle costruzioni, stante la particolare natura che regola tale rapporto di lavoro.

Si tratta, infatti, di lavoratori che dopo essere stati assunti per una commessa determinata vengono licenziati per l’ultimazione della stessa, indipendentemente dalla situazione in cui si trova l’impresa. Questa è una tipica dinamica occupazionale del settore che risponde all’esigenza della continua mobilità degli operai edili sul territorio, da un cantiere ad un altro e tra diverse imprese, in virtù della loro specializzazione e professionalità.

Lo stesso art. 24 della L. n. 223/91 conferma la particolare disciplina derogatoria  che regola le interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere, sancendo che “alla procedura non sono interessati i contratti a termine in scadenza, quelli edili correlati alla fine dei lavori, i rapporti stagionali e quelli di natura saltuaria”.

Per quanto concerne le misure per la salute, nell’esprimere apprezzamento per la previsione sull’esecuzione di tamponi antigenici rapidi da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, ha però, sottolineato la necessità di uno specifico chiarimento volto a consentire il riconoscimento del credito di imposta, di cui all’articolo 125 del cd. DL Rilancio, anche per i test sierologici e i tamponi, oltreché per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti.

Con l’obiettivo, infatti,  di contenere e contrastare la diffusione del Covid-19 e tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, molte imprese edili si sono attivate per eseguire, anche periodicamente, i test sierologici ed i tamponi alle proprie maestranze. Tali misure preventive sono state inserite nei Protocolli anti contagio adottati dalle imprese, con specifiche cadenze temporali. Dalla lettura del comma 2 del citato articolo 125 non si evince chiaramente se tali test, finalizzati a contenere e contrastare la diffusione del Covid-19, rientrino tra le spese ammissibili al credito. Occorrerebbe, pertanto, uno specifico chiarimento che riconosca i costi sostenuti per l’esecuzione dei suddetti test ai propri dipendenti, tra le spese ammissibili al credito d’imposta.

Ha, altresì, evidenziato che nel provvedimento non è contemplata alcuna disposizione specifica per il comparto dei lavori pubblici, che, com’è noto, oltre a versare in una profonda crisi ultradecennale, risulta duramente colpito dalla situazione emergenziale in corso.

Ha, quindi, auspicato l’introduzione di misure a sostegno delle imprese operanti nel comparto dei lavori pubblici, a sostegno della mancanza di liquidità generata dall’evento pandemico e a ristoro dei gravi danni subiti ed in particolare delle seguenti:

– specificare, con riferimento alla questione dei maggiori oneri, per i lavori, pubblici e privati in corso di esecuzione, e nell’ottica di evitare il collasso delle imprese di costruzioni, che gli extracosti subiti dalle imprese in ragione dell’attuazione dei protocolli di cantiere “Anti-COVID” comprendono tutti i maggiori oneri, diretti e indiretti, ivi compresi quelli da sottoproduzione del cantiere (maggiori oneri da “emergenza Covid”);

-prevedere, per tutti i contratti in corso di esecuzione al momento di entrata in vigore del decreto, l’obbligo di effettuare i SAL ogni fine mese, anche in deroga alle previsioni di Capitolato (SAL mensili “emergenziali);

-prevedere, anche “a regime”, che le stazioni appaltanti procedano all’adozione di SAL ogni fine mese, in linea con le prescrizioni comunitarie e considerato lo stato di grave crisi in cui versa il settore, aggravato dall’emergenza epidemiologica (SAL mensili “a regime”).

Si è, infine soffermato sulla problematica, già emersa con evidenza nei mesi scorsi, relativa ai contratti di appalto per lavori edili privati.

In tale ambito, il rispetto delle prescrizioni di sicurezza ha comportato e sta ancora comportando, la necessità di adeguare i cantieri alle misure previste dalla normativa e dai Protocolli, con la conseguenza di una serie di maggiori costi diretti e indiretti che rischiano di essere addossati solo alle imprese appaltatrici. Peraltro sia le misure di sicurezza sia il crescere del numero di operai addetti che potrebbero trovarsi in situazioni di isolamento fiduciario/quarantena potrebbe comportare un prolungamento dei tempi di cantierizzazione ed esecuzione dei lavori rispetto agli accordi contrattuali andando ad aggravare la posizione di responsabilità dell’appaltatore. Al riguardo, ha rilevato la necessità di una previsione normativa che, al fine di evitare contenziosi, riconosca all’appaltatore il diritto di richiedere al committente il riconoscimento di maggiori oneri conseguenti all’applicazione dei protocolli di sicurezza nonché riconosca nella causa di forza maggiore da Covid-19 ogni impedimento che generi criticità all’interno del cantiere dovuto al rispetto di prescrizioni o normative anche sopravvenute.

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