Con i dati del centro studi di Federbeton, sulla base di rielaborazioni proprie di dati Ance, Istat ed Eurostat, è stato possibile esplicitare il nesso di causalità che lega l’investimento in infrastrutture alla crescita del Prodotto Interno Lordo nazionale:
La spesa corrente assorbe, oggi, il 96% delle uscite dello Stato, mentre gli investimenti fissi lordi sono scesi al 4% circa. Un dato che evidenzia il gap dell’Italia rispetto alla media dei paesi europei, collocata intorno al 6%. Riportare ai livelli europei gli investimenti in infrastrutture, incrementandoli del 2%, permetterebbe di liberare 16 miliardi di euro, da destinare alle grandi opere. Le reti di trasporto e logistica scontano l’assenza di manutenzione, connessioni e raccordi che favoriscano gli scambi tra piattaforme logistiche, ferrovie, strade e porti. Secondo SACE (Cassa Depositi e Prestiti), il divario infrastrutturale tra l’Italia e gli altri paesi europei ci costa 70 miliardi di euro all’anno. Lo sviluppo infrastrutturale in Italia conta su risorse in parte stanziate e mai utilizzate e in parte solo programmate (su 10 anni):
o 10 miliardi € per le infrastrutture (stima Ance);
o 4,4 miliardi € per la logistica portuale (Piano Nazionale della Portualità);
o 6,5 miliardi € per la Banda Larga (OpenFibre e CDP).
Se l’insieme di queste risorse venisse investito, nell’arco di 10 anni, il ritorno in termini di PIL sarebbe pari a 1 punto di PIL aggiuntivo ogni anno. Negli Usa il piano di politica economica espansiva ha prodotto crescita e occupazione (+3% di occupati dal 2011). Al contrario, l’Italia ha registrato un rallentamento della crescita e il conseguente aumento del tasso di disoccupazione (+2.5% nello stesso periodo).