Decarbonizzazione, un concetto che si potrebbe sommariamente definire “inflazionato”, se ci si limita a osservare la quantità di volte in cui il termine viene scritto, pronunciato, su web, social media, in televisione, nelle riviste, sui quotidiani, persino nella cinematografia e nell’arte. Ma accade che spesso la popolarità di un tema non si traduca automaticamente nella sua comprensione. Accade, molto più diffusamente di quanto si potrebbe pensare, che la parola venga assorbita, imparata nella sua forma, ne vengano ricercati qua e la i significati, e che questi si ripetano in una sorta di telefono senza fili che, alla fine, fa perdere il senso dell’originalità della parola stessa.
Noi, però, siamo una redazione tecnica, che cerca di parlare chiaro, senza troppi mezzi termini, e di riportarvi i fatti così come sono o, perlomeno, abbiamo l’ambizione di lasciare al lettore il piacere di dissentire e di donarci una nuova prospettiva.
Il preambolo è necessario, per raccontare una giornata, quella di ieri, che ci ha offerto la possibilità di essere ospiti alla seconda tappa dell’Intermat Roadshow, un appuntamento che vuole preparare alla fiera Intermat 2024, che in aprile tornerà, dopo sei anni, a Parigi, a fare da vetrina per tutti i protagonisti europei e internazionali del settore delle costruzioni.
A presentare il dibattito, che si è svolto presso la sede di Milano di Assimpredil-Ance, Patrizia Ferrandi, dei Saloni Internazionali Francesi. Quattro relatori, per quattro presentazioni differenti, che si sono mosse però su un terreno comune, con una grande certezza che non è più derogabile: il nostro modo di pensare al costruire deve necessariamente cambiare.
Ad aprire la discussione è stato il segretario generale del CECE, Riccardo Viaggi, il quale ha riportato interessanti dati relativi al mercato del quale è organismo rappresentante di circa 1.200 aziende in tutta l’Unione, il mercato delle macchine da costruzione. Secondo i dati CECE l’Italia si conferma il quarto paese UE nel mercato delle macchine, dove la Germania è saldamente al primo posto, seguita da Regno Unito e Francia. In un momento fortemente influenzato da fattori economico-politici quali inflazione, conflitti, e la ricerca di normative coese che regolino la transizione energetica dei paesi membri, secondo il pensiero di Viaggi sono occasioni come la fiera Intermat che devono prendere il centro del “palco” nel dibattito sul grande tema della decarbonizzazione del settore edile. Ma la tematica deve essere affrontata in maniera trasversale e con molta attenzione anche ai significati. Decarbonizzazione, infatti, non equivale ad elettrificazione. Se è vero che le macchine del futuro saranno, negli obiettivi comunitari, a emissioni zero, è altrettanto vero che occorre pensare ad una varietà di forme energetiche alternative, perché nella scienza e nella tecnologia, avere una pluralità di soluzioni a disposizione è sempre la scelta migliore, storicamente.
Dal punto di vista tecnico, la presentazione di Massimiliano Ruggeri, direttore tecnico e project manager di Imamoter presso il CNR, risponde alle tante domande che vengono poste quando si cerca di pensare ad una sostenibilità del processo di transizione energetica. Giustamente riporta Ruggeri quanto questa edizione di Intermat si presenterà come assolutamente unica rispetto al passato. L’impegno dei costruttori di macchine è definitivamente rivolto verso la riduzione e l’eliminazione di gas serra. Lo si evince guardando alle novità che porteranno le aziende, tra cui non è presente nessuna macchina alimentata a combustione tradizionale interna. Allora vedremo molta trazione elettrica, un motore a idrogeno, tantissima automazione e digitalizzazione dei processi, nuove tecnologie per la generazione di potenza “green” e ancora architetture ripensate di distribuzione e l’uso della potenza per migliorare efficienza e una complessiva riduzione dell’uso degli impianti idraulici.
Il Salone Intermat 2024, nelle parole di Christophe Lecarpentier, direttore della fiera, sarà completamente ripensato, e avrà come obiettivi alcuni punti cardine, quali: “Sostenere questo obiettivo collettivo e accrescere l’interesse sul tema, riunire l’insieme della filiera della costruzione e dei lavori pubblici con un’unica visione del futuro. Diminuire l’impronta carbonio ed i costi di partecipazione grazie ad un format di salone ripensato in termini di offerta e organizzazione. Posizionare i temi della decarbonizzazione e della digitalizzazione al centro dell’evento, coinvolgendo tutte le imprese e presentando le attrezzature, macchine e soluzioni innovative. E ultimo, ma forse tra i più importanti, dare la parola ai giovani che sono coinvolti frontalmente nelle sfide della decarbonizzazione e della transizione digitale”.
Forse quattro giorni per realizzare tutti questi obiettivi sono troppo pochi, ma è certo che la direzione in cui si stanno muovendo alcune aziende è ben delineata.
Nelle parole di Michele Levati, responsabile ingegneria civile presso lo studio Lombardini 22 che ha portato una presentazione molto ispirata e giovane nel suo approccio, c’è tutta l’urgenza del momento in cui ci troviamo. Nella sua esposizione ha riportato l’attenzione su un dato molto preoccupante. Ben 33 cittadine italiane sono a rischio allagamento entro l’anno 2100. Non tra mille anni, tra meno di 80 anni. E allora perché parliamo di questo? Bene, perché il settore dell’edilizia e delle costruzioni è un attore chiave nella lotta contro il cambiamento climatico in quanto rappresentava il 36% del consumo finale di energia e il 39% delle emissioni correlate nel 2017, secondo un rapporto del 2018 della Global Alliance for Buildings and Costruction.
Secondo Levati, il concetto di decarbonizzazione deve riguardare non solo le nuove progettazioni, ma anche e forse specialmente, gli edifici esistenti, in quanto al momento possiamo affermare che la maggior parte degli edifici ad uso prevalentemente residenziale nel nostro paese sono stati costruiti prima del 2001. Quindi serve pensare a una decarbonizzazione che operi anche nel retrofitting di strutture già esistenti, a bassa efficienza energetica.
E la sicurezza? Anche questo tema concorre a raggiungere la decarbonizzazione. Sembra un collegamento forzato, ma se pensiamo ai criteri ESG (Environmental, Social, Governance) appare evidente che non possiamo pensare di ottenere un risultato così ambizioso quale quello di non far respirare più al nostro pianeta (e a noi che lo popoliamo) particelle dannose, se per farlo ci si limita a compiere solo un pezzetto del lavoro. L’ambiente è sia l’ambiente terra che l’ambiente vita, in campo lavorativo, per esempio. La governance aziendale si deve riprogrammare per garantire un modello d’impresa virtuoso che risponda a criteri sostenibili, creando le condizioni di lavoro migliori affinché, per fare un esempio, le circa 12 milioni di persone che lavorano nel settore delle costruzioni (come riportano i dati del CECE), siano incentivate a dare il loro meglio, e magari, riuscire ad attirare le nuove generazioni, che come è sotto l’occhio di tutti, sembrano lontane dal volersi avvicinare a questo mondo meraviglioso, che offrirebbe molte possibilità di crescita personale e professionale.
Insomma, le sfide del futuro sono molteplici e da come il mercato delle costruzioni sceglierà di approcciarle dipenderà il futuro dell’intera filiera. Noi saremo sempre pronti ad analizzare i fatti, e saremo in prima fila ad Intermat a raccogliere opinioni, impressioni e prospettive.