L’ultima indagine trimestrale realizzata dal Centro Studi di Assofond – l’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane – evidenzia incertezza soprattutto per quanto riguarda le prospettive nel breve-medio periodo.
Il fatturato delle fonderie cresce ancora rispetto al trimestre precedente, ma solamente del +2% (il secondo trimestre aveva invece fatto segnare un +12% rispetto al primo quarto dell’anno). Nonostante questo rallentamento, la proiezione che le imprese fanno sul fatturato finale del 2021 rimane molto buona (+20% sul 2020) e in linea con le attese di un immediato recupero, con il 56% del campione che ritiene che la crescita del fatturato finale sarà addirittura superiore.
Per le fonderie rispondenti la situazione economica attuale, nel suo complesso, non è peggiorata. L’indice ACT (che misura il giudizio su come le aziende abbiano trascorso il trimestre di riferimento) rimane sui 49 punti, ovvero in linea con la rilevazione precedente e prossimo alla soglia delle 50 lunghezze, dove i giudizi di normalità prevarrebbero su quelli di difficoltà.
Il rallentamento impatta però sulla fiducia delle imprese nel breve periodo: l’indice SIX (che sintetizza le risposte sulle aspettative dei sei mesi successivi alla rilevazione odierna) cala di 15 punti rispetto al trimestre precedente toccando quota 57. Il valore dell’indice rimane dunque superiore ai 50 punti, soglia minima per una previsione di stabilità nel breve periodo, ma sono diminuite le aziende con maggiore fiducia sui prossimi trimestri: solo il 29,4% del campione ora pensa che il quadro economico migliorerà. Il 55,9% ritiene che il mercato sarà stabile, mentre risulta in forte crescita (al 14,7% dal 2,9% del trimestre precedente), l’incidenza delle aziende con un’opinione pessimista.
Segnali positivi arrivano dalla visibilità degli ordini, in forte rialzo sul trimestre precedente (+16,9%) e prossima ai 3 mesi medi, in aggiunta a un utilizzo di capacità produttiva che fissa un nuovo valore di massimo assoluto, al 77,8% di media. Fra le aziende rispondenti, il 20,6% giudica “ottimale” il livello di utilizzo di capacità produttiva raggiunto, il 44,1% del campione lo ritiene soddisfacente, il 20,6% scarso, il 14,7% non sufficiente.
Continua a scendere la curva che misura l’incidenza sul campione delle fonderie che fanno ricorso ad almeno uno strumento di ammortizzatore sociale: nel terzo trimestre del 2021 la percentuale cala al 23,5%. La C.I.G. ordinaria è in continua flessione, al 14,7%, mentre risulta stabile la C.I.G. straordinaria, al 2,9% del campione. Al contrario, le fonderie che hanno attivato la contrattazione di solidarietà sono in aumento, pari al 5,9% del campione.
Guardando ai singoli comparti, si assiste a un rallentamento sulla congiuntura del fatturato per le fonderie di ghisa e per quelle di metalli non ferrosi: nel primo caso la frenata si traduce addirittura in una contrazione del -0,5% di fatturato rispetto al secondo trimestre, mentre per i non ferrosi il dato, che risulta ancora in crescita (+1,9%) si assottiglia però in maniera significativa se confrontato con il +13,7% del secondo quarto dell’anno rispetto al primo. Al contrario, le fonderie di acciaio registrano un rimbalzo del +12,6% del fatturato, dopo il -17,0% del secondo trimestre sul primo periodo del 2021.
Lo scenario si ribalta se si osservano le proiezioni per fine anno. Ghisa e non ferrosi confermano una crescita sul 2020 che rappresenterebbe un recupero pieno sull’anno pandemico: per le prime la crescita stimata è pari al +22,1% mentre per le seconde l’incremento sarebbe pari al +21,6%. La proiezione per le fonderie di acciaio, invece, risulta negativa (al -5,0% sul 2020).
«Il nostro settore – sottolinea il presidente di Assofond Fabio Zanardi – sta viaggiando a buona velocità, anche se i fattori contingenti che creano incertezza non sono pochi: i risultati dell’indagine del nostro Centro Studi, in effetti, lo mostrano chiaramente. In questi ultimi mesi abbiamo vissuto prima l’impennata dei costi di materie prime e materiali ausiliari e successivamente la crescita improvvisa e vertiginosa dei costi dell’energia. Una situazione che porta conseguenze di non poco conto sulla sostenibilità economica delle nostre imprese. A tutto questo, si aggiungono ulteriori incertezze, legate in particolare al percorso di transizione ecologica. Il nostro è un settore ad alta intensità energetica che occupa una posizione strategica di interconnessione tra più filiere della metalmeccanica. Di conseguenza, saremo al centro di questa transizione sia direttamente – perché dobbiamo lavorare per contenere ulteriormente le emissioni – sia indirettamente, perché molti dei nostri settori clienti stanno vivendo una vera e propria rivoluzione che impatterà naturalmente anche su di noi. Insieme ad altre associazioni di Confindustria che rappresentano i settori energivori, abbiamo sottoscritto l’Industrial Decarbonization Pact, con il quale abbiamo elaborato una strategia per raggiungere la neutralità carbonica al 2050. Gli investimenti per centrare questo obiettivo saranno molto ingenti: per questo abbiamo presentato il piano al Governo, sottolineando la necessità di avere il sostegno delle istituzioni per preservare la competitività sui mercati internazionali di tutte le aziende coinvolte, che si devono confrontare quotidianamente con concorrenti stranieri che, a causa di approcci locali meno sensibili all’ambiente rispetto a quanto avviene nel nostro Paese, possono produrre a costi molto inferiori rispetto ai nostri».