venerdì, Luglio 4, 2025

Rapid Bridge Replacement, ovvero come sostituire un ponte in una notte

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Dopo decenni di stasi, le infrastrutture di mobilità sono ritornate al centro dell’attenzione degli investimenti. Da una parte, molte opere hanno ormai decenni di onorato servizio sulla carreggiata e sono arrivate a fine vita o richiedono manutenzioni radicali, dall’altra la spinta alla riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti sta facendo rifiorire la mobilità su rotaia e quella cosiddetta leggera, con percorsi separati da quella destinata alle auto.

Questi lavori, nel mondo più avanzato, avvengono in aree fortemente costruite e con un gran numero di interferenze, sia statiche (altre opere e strutture) che dinamiche (traffico veicolare intenso). Per ridurre gli impatti in termini di disagi, la tendenza è quella di ricorrere a componenti prefabbricati di grandi dimensioni, restringendo l’apertura dei cantieri a pochi giorni o poche ore. Solo un approccio ingegneristico complessivo all’avvicinamento e all’installazione di questi componenti può però garantire il raggiungimento degli obiettivi, tenendo sotto controllo i costi e i rischi.

Un sovrappasso autostradale sostituito dal tramonto all’alba

Nel corso degli anni, la Mammoet ha sviluppato in questa categoria di progetti competenze uniche e una dotazione di mezzi e tecniche senza pari, in cui è stata innovatrice e pioniere, come nell’utilizzo degli strand jack, in quello delle grandi gru e nella RBR, Rapid Bridge Replacement. Quest’ultima prevede la sostituzione di un intero ponte rimuovendo quello vecchio in un pezzo unico, evitando la demolizione e la successiva ricostruzione. Un caso particolarmente interessante dell’applicazione della RBR è la recente sostituzione del sovrappasso autostradale multicampata di Lees Avenue ad Ottawa in Canada.

Il vecchio sovrappasso, che scavalca la più trafficata arteria di scorrimento della città, doveva essere sostituito per consentire il passaggio di una nuova linea di metropolitana leggera. I requisiti di tempo e minima interferenza dei lavori erano stringenti. La società di costruzione ha quindi commissionato a Mammoet la rimozione del vecchio tratto, il trasporto sul cantiere e la collocazione del nuovo sovrappasso, un oggetto del peso di 2.254 tonnellate lungo 87,5 metri. Per aggiungere difficoltà il prefabbricato era curvo, complicando il lavoro di centraggio e bilanciamento sulle linee di carrelli SPMT (ogni torsione nel manufatto durate il trasporto ne avrebbe compromesso l’integrità), e tra un’estremità del sovrappasso e l’altra esisteva un dislivello di tre metri.

Dopo tre mesi di studio e pianificazione, l’azione si è svolta in una nottata. Prima 400 autocarri hanno trasporto sul posto (e poi rimosso) 12.000 tonnellate di ghiaia in 5 ore per ridurre il dislivello. Poi quattro convogli di linee di SPMT per un totale di 64 assi si sono posizionate sotto il vecchio ponte e usando falsetorri hanno sollevato la struttura sganciandola dai piloni, per poi depositarla nell’area di demolizione. Subito dopo veniva effettuato il movimento opposto con il nuovo sovrappasso. All’alba, il nuovo ponte era al suo posto, in tempo per l’ondata di traffico mattutina sull’autostrada sottostante. L’approccio Mammoet ha consentito di ridurre i tempi di lavoro effettivo da alcuni mesi a due settimane. Ancora qualche settimana e il sovrappasso veniva riaperto al traffico. “Mammoet è nota universalmente per i suoi lavori in ambito oil&gas ed energia – rileva Alberto Galbiati, CEO di Mammoet Italy – ma la nostra esperienza è estesissima e provata anche nel settore delle opere civili e delle infrastrutture. Il nostro approccio ingegneristico fa la differenza, consentendoci soluzioni innovative in totale sicurezza e nel rispetto dei tempi e dei costi. A ciò si aggiunge la nostra rete di attrezzature che copre il mondo intero, consentendoci di mettere a disposizione dei nostri clienti sempre il mezzo giusto per il tempo necessario. Per noi, viene sempre prima il metodo migliore e poi lo strumento, un “lusso obbligatorio” per un lavoro ben fatto che nessuno in Italia può permettersi”.

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