“Smantellare una centrale nucleare significa prima di tutto confinare ciò che è radioattivo rispetto alla biosfera e rispetto alle attività umane. Confinare significa rendere ciò che è pericoloso, le radiazioni, innocuo nel senso che si riduce via via, con una serie di attività, la pericolosità per l’ambiente”. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato di Sogin, Gian Luca Artizzu, nel corso dell’evento di lunedì scorso, 14 aprile, organizzato dai rappresentanti governativi della Lega, dal titolo “Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte!”, in cui ha illustrato le attività svolte attualmente da Sogin.

“Per un ritorno al nucleare, oltre alle sue competenze, Sogin mette a disposizione i siti delle vecchie centrali che stiamo smantellando. Noi smantelliamo gli impianti, non smantelliamo i siti – ha proseguito Artizzu – Questi sono stati progettati e manutenuti come siti per ospitare una centrale nucleare e sono la naturale destinazione per un futuro nuovo impianto. Il primo peccato del nucleare è non farlo lavorare”. Lo stesso concetto è stato espresso in apertura dei lavori da Edoardo Ventafridda, fondatore di Giovani Blu. “Pensiamo alla centrale di Caorso che ha lavorato meno di cinque anni e ha prodotto 30 miliardi di kilowattora – ha sottolineato Ventafridda – Oggi, se non l’avessimo fermata con il referendum di allora, staremmo discutendo dell’allungamento dell’esercizio di questa centrale, come sta avvenendo nel mondo per impianti simili”.
Al panel di confronto, moderato da Fabio Tamburini, direttore del Sole 24 Ore, sono intervenuti Flavio Cattaneo, Claudio Descalzi e Fabrizio Fabbri, amministratori delegati, rispettivamente, di Enel Group, Eni e Ansaldo Energia.
Diversi i rappresentanti istituzionali, politici ed esperti che hanno partecipato all’evento. I lavori sono stati chiusi dal vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini.