venerdì, Agosto 15, 2025

Sicurezza in cantiere, una giornata contro la morte dei lavoratori e della legalità

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“I numeri delle vittime degli incidenti sul lavoro, nonostante i numerosi provvedimenti normativi con i quali si è cercato, nel tempo, di prevenirli, sono allarmanti, drammatici. Lavorare non può significare porre a rischio la propria vita”. Sono le parole del nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – pronunciate ieri, in occasione della Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro – a dar voce all’esasperazione che molti di noi provano, di fronte alla strage annunciata delle 677 vittime di incidenti mortali sul lavoro in Italia, nei primi 8 mesi dell’anno. Tre vittime al giorno sono uno schiaffo in pieno volto alle campagne sulla sicurezza, alla formazione dei lavoratori, agli investimenti sulle tecnologie di protezione applicate ai macchinari, al buon senso delle pratiche corrette, nei cantieri e nei luoghi di intervento che troppo spesso si trasformano in scenari di tragedia.

Sergio Mattarella

Ritorniamo alle cifre. Gli infortuni denunciati nel periodo tra gennaio e agosto di quest’anno sono complessivamente 484.561 (una media di 2.019 al giorno), con un aumento del 38,7% rispetto ai 349.449 dei primi otto mesi del 2021. Una discrasia inaccettabile, se consideriamo, con le stesse parole del presidente Mattarella “il livello avanzato delle nuove tecnologie che ha mutato radicalmente la natura e la stessa dimensione spazio-temporale dei luoghi di lavoro. Purtroppo, questa fase non è stata accompagnata da una crescita proporzionata delle iniziative verso la prevenzione”.

Alle parole di Mattarella, arrivano alla memoria le troppe irresponsabilità di imprese edili che troppo di frequente non sono tali, ma costituiscono solo cinici dispositivi di guadagno, a scapito di lavoratori non in regola, mandati allo sbaraglio sui ponteggi e alla guida di macchine operatrici. Gli sconsiderati bonus governativi – di qualche governo fa, a dire il vero – hanno peggiorato una situazione già grave; e non siamo noi a dirlo, come giornalisti, ma gli stessi protagonisti più seri del settore. Come Mauro Mollo, a capo del più importante gruppo di noleggio della cantieristica nazionale, che qualche mese fa, in occasione di un evento societario, puntò il dito contro il meccanismo malato dei contributi al 110%, responsabile della creazione di troppo imprese fittizie a puro scopo di lucro, e dell’improvvida sopravvivenza di realtà che dovrebbero rimanere fuori da un mercato sano.

“Il nostro è un Paese moderno che ha posto il lavoro a fondamento della vita democratica. L’affermazione dei diritti sui luoghi di lavoro, primo quello alla vita, oltre che essere un termometro della vita civile, è un generatore di valore per la società, per i lavoratori, per le imprese”. Con questi sentimenti, che condividiamo con il presidente Mattarella, come osservatori e promotori di cultura industriale, ci uniamo alla voce forte di chi vuol dire basta all’immonda strage di donne e uomini sui luoghi di lavoro. Alla strage di legalità che troppo spesso viene bollata – da voci insopportabilmente superficiali – come attacco scomposto all’impresa italiana e a chi lavora. Bene, allora noi rilanciamo con tutta la forza possibile. Chi lavora, non uccide e non ruba. Quello lo fanno i criminali, anche quelli (disonorevolmente) ammantati dalla veste mendace di imprenditori.

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