Il “re dei fiumi alpini”, il Tagliamento, è ormai al centro di un’infuocata polemica politica. La ragione principe? L’imminenza delle opere di laminazione a salvaguardia e mitigazione del territorio contro i rischi di esondazione nella bassa friulana, decise dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dall’Autorità di Bacino e avversate duramente da Legambiente, WWF, Lipu e Associazione Foce del Tagliamento.
Le infrastrutture previste, secondo le associazioni ambientaliste, interromperebbero la continuità e l’integrità del Tagliamento, con conseguenze gravi per l’ambiente, il paesaggio e i benefici economici offerti dai cosiddetti “servizi ecosistemici”. Le dichiarazioni congiunte delle stesse associazioni reclamano che “Il Friuli Venezia Giulia, proponendo nuove opere trasversali al Tagliamento, si pone in netto contrasto con questa la Nature Restoration Law varata dall’Unione europea (che prevede, tra l’altro, di ripristinare la continuità fluviale per 25.000 km di corsi d’acqua, ndr.), andando ad alterare la continuità dell’ultimo fiume dell’Europa occidentale che ancora conserva questa caratteristica. Danneggiare irrimediabilmente il Tagliamento nel suo tratto più prezioso, per ridurre il rischio di alluvioni a valle, non può essere l’unica soluzione possibile”.
Alle stesse obiezioni risponde Maddalena Spagnolo, consigliere regionale del gruppo Lega Fvg. Ribadisce un dato di fatto: “Il Tagliamento è pericoloso, in particolare nel suo tratto da Latisana al mare, dove la portata massima che può fluire senza esondazioni è sensibilmente inferiore a quella che può arrivare da monte. Il surplus d’acqua proveniente dal bacino del fiume deve pertanto essere gestito a monte di Latisana con l’esecuzione di opportune opere di laminazione. Gli elementi di intervento si possono individuare attualmente nel Piano di gestione del rischio di alluvione, ma erano già presenti dal 2000 nel Piano stralcio per la sicurezza idraulica del medio e basso corso del fiume Tagliamento, approvati con atti del Governo di allora. Si tratta di risultanze alle quali siamo pervenuti dopo numerosi studi realizzati da tutti gli enti interessati, con un unico risultato: la necessità di intervenire con opere di laminazione nel medio corso del fiume per mettere finalmente in sicurezza il basso corso, in particolare a Latisana, già devastata dalle due disastrose alluvioni consecutive nel 1965 e nel 1966). A distanza di sessant’anni, malgrado tutti i lavori eseguiti nel basso corso, continuiamo a vivere drammatiche situazioni di pericolo e le variazioni climatiche hanno notevolmente aumentato il rischio”.
La contrarietà alle grandi opere impattanti sul corso del fiume, da parte delle associazioni ambientaliste e da molte parti politiche dell’opposizione in Regione, ha ricevuto l’avvallo di geologi e ricercatori noti come Mario Tozzi, dell’Università della Sapienza di Roma, o come l’ingegner Marco Petti, dell’Università di Udine – che ha rilevato come le opere sul Tagliamento previste dalla Giunta costituiscano “dighe a tutti gli effetti, con una serie evidente di problematiche ambientali connesse“.